Il mondo va di fretta, troppo di fretta..
I gesti sono sempre più automatici, mancano di riflessione e attenzione.
Ogni respiro è consacrato
all'ansia: di prestazione, del futuro, di confronto con gli altri.
Così
la disparità tra il mondo "normodotato" e quello "disabile" si fa
ancora più drammatica, e più violenta se si tratta di ragazzini da
consegnare alla vita.
In mezzo a tanta frenesia, il bimbo tetraplegico è
un piccolo alieno, un essere lento nei movimenti, che ha bisogno di
tempo e spazio per ogni spostamento. Che ha bisogno di un'altro che lo
aiuti, con lentezza e con sentimento, nei suoi gesti.
Ciò che noi diamo per scontato, per loro è un nuovo apprendimento a cui segue una messa in pratica difficile e lunga.
Una
voce alta all'improvviso, un grido d'incitazione tipo: "Svelto!", li fa
sussultare o letteralmente saltare sulla loro sedia.
Ma
purtroppo c'è sempre fretta. Cosi, spesso la loro giornata inizia con
uno "sballottamento" per vestirli, un'altro per farli salire in macchina
o portarli a scuola, un'altro durante l'igiene personale e così
via...
Più che accuditi, sono sballotati. Da operatori
frettolosi di rientrare a casa loro, da insegnanti frettolosi che devono
ultimare il loro programma ammuffito e statico, da padri frettolosi che
non riescono a gestire i loro impegni in base alla realtà del loro
figlio.
Mi capita ogni giorno di assistere a questo film...
E
posso fare ben poco, perchè da sola non ce la faccio.
Questo aiuto mi
viene propinato, questo poco tempo mi viene "venduto" e questo sono costretta a
prendere.
Ma quanto vorrei poter dire: "Basta! Faccio tutto io, lo
tocco solo io mio figlio!"
Presi, buttati sul letto e vestiti di corsa, senza attenzione al piede che si storce mentre si
infila una scarpa, senza preoccuparsi di come si sentano nel loro corpo rivoltato sopra e sotto: a cosa serve? Ad aiutarmi? No,
grazie, vergognatevi.
Suggerirei l'istituzione di corsi di lentezza per tutti gli operatori sociali, gli insegnanti, i genitori in carriera
e i frettolosi in generale. Da fare obbligatoriamente prima di venire a
contatto con persone che hanno queste patologie.
Eh si, perchè la
lentezza, il tempo per una carezza tra un gesto e l'altro, il tempo di
far sentire il proprio contatto fisico mentre si accudisce un ragazzino,
è troppo importante. E non si compensa con niente altro.
Il tempo
si può e si deve trovare. Si "taglia" qualcos'altro, semmai, ma non i
gesti d'amore, che richiedono necessariamente tempo e... lentezza.
Si
taglia qualcos'altro, non la QUALITA', che in questo caso è anche quantità, del tempo.