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Cos'è la Paralisi Cerebrale Infantile



La paralisi cerebrale infantile è un disturbo persistente ma non progressivo della postura e del movimento, dovuto ad alterazioni della funzione cerebrale infantile prima che il sistema nervoso centrale abbia completato il suo sviluppo.

La paralisi cerebrale infantile rappresenta l'esito di una lesione del sistema nervoso centrale che abbia comportato una perdita più o meno estesa di tessuto cerebrale. Le manifestazioni della lesione sono caratterizzate prevalentemente, ma non esclusivamente, da un'alterazione delle funzioni motorie. L'evento lesivo può aver avuto origine in epoca prenatale, perinatale o postnatale, ma in ogni caso entro i primi tre anni di vita del bambino, periodo di tempo in cui vengono completate le principali fasi di crescita e sviluppo della funzione cerebrale nell'essere umano.


Il disturbo è definito come persistente, in quanto la lesione a carico del cervello non è suscettibile di "guarigione" in senso stretto, ma la patologia non tende al peggioramento spontaneo perché la lesione stessa, sostituita da tessuto cicatriziale, non va incontro a fenomeni degenerativi. Le manifestazioni della malattia, comunque, non sono fisse, perché i sintomi mutano nel corso del tempo, e possono beneficiare di un trattamento di tipo riabilitativo o, nei casi più gravi, anche chirurgico (v. chirurgia funzionale).

L'incidenza delle paralisi cerebrali infantili, che nei paesi occidentali risulta ormai stabile da alcuni anni, è di 2-3 casi ogni 1.000 nati vivi.
L'incidenza è significativamente più elevata nei bambini nati prematuri (in particolare sotto le 32 settimane di età gestazionale), e nei neonati di peso inferiore ai 1500 g. Queste particolari categorie di bambini, infatti, hanno una maggiore probabilità di andare incontro a fenomeni di alterazione prolungata del flusso cerebrale, indipendentemente dalle caratteristiche del parto, a causa dell'immaturità dei loro sistemi di regolazione fisiologica.
La prevalenza è complessivamente stimata intorno a 1:500 bambini in età scolare.

La paralisi cerebrale infantile non è un disturbo omogeneo, poiché la patologia può assumere livelli diversi di gravità, e manifestarsi in forme anche molto differenti l'una dall'altra.
Le forme emiplegiche risultano le più frequenti, assommando a circa 1/3 di tutti i casi di paralisi cerebrale infantile.

Classificazione in base alla sede del disturbo motorio (classificazione topografica)

  • Tetraplegia (disturbo del controllo motorio del tronco e dei quattro arti)
  • Emiplegia (disturbo del controllo motorio di un emilato, ovvero del lato sinistro o del lato destro del corpo)
  • Diplegia (disturbo del controllo motorio di due arti, ma prevalente degli arti inferiori)
Il termine paraplegia, talvolta erroneamente utilizzato al posto di quello di diplegia, non indica un tipo di paralisi cerebrale infantile, ma un disturbo del controllo motorio degli arti inferiori causato da lesione del midollo spinale.

Classificazione in base alle caratteristiche del movimento (classificazione motoria)

  • Forme spastiche: aumento costante del tono in alcuni gruppi muscolari e dei riflessi da stiramento. Sono presenti alcuni atteggiamenti posturali tipici (arto superiore addotto e intra-ruotato, gomito, polso e dita flessi, piede equino.)
  • Forme ipotoniche: diminuzione costante del tono di alcuni gruppi muscolari. Noto anche col nome di "bambino floppy".
  • Forme atassiche: disturbi della coordinazione e dell'equilibrio, con frequente presenza di ipotono dei muscoli distali.
  • Forme discinetiche o distoniche: fluttuazione continua del tono muscolare, e presenza di movimenti parassiti influenzabili dalle emozioni e dalla fatica, ma che scompaiono nel sonno.
  • Forme miste: sintomatologia combinata di due o più forme

Eziologia
  • Fattori prenatali
fattori genetici, infezioni materne in gravidanza, agenti tossici in gravidanza, gestosi.
  • Fattori perinatali
prematurità (soprattutto sotto le 32 settimane di età gestazionale), ipossia/ischemia nel bambino nato a termine, postmaturità, parto difficoltoso.
  • Fattori postnatali
meningoencefaliti, trauma cranico, arresto cardiocircolatorio prolungato, stato di male epilettico (convulsioni che si prolungano oltre i 30 minuti).

Nel neonato prematuro i meccanismi responsabili del danno cerebrale sono correlati ai due quadri della emorragia intraventricolare e della leucomalacia periventricolare. Entrambi danno luogo a fenomeni di degenerazione della sostanza bianca che circonda i ventricoli cerebrali. Poiché si tratta della zona in cui decorrono le fibre che collegano gli arti inferiori alle corrispondenti aree cerebrali motorie e di elaborazione sensoriale, l'esito è solitamente una forma diplegica.
Nel neonato a termine può verificarsi una asfissia generalizzata, con danno diffuso dell'intero encefalo, che si manifesta come una tetraplegia; oppure, nel caso di una occlusione di un'arteria cerebrale, la lesione può verificarsi in parte o in tutto un emisfero cerebrale, determinando un'emiplegia di gravità variabile.

Aspetti clinici e decorso

Questi sono largamente variabili a seconda della forma di paralisi cerebrale infantile e della gravità.
  • Nelle forme emiplegiche le principali tappe dello sviluppo sono solo lievemente ritardate: l’intelligenza è infatti solitamente nei limiti della norma, ma talvolta si verifica un ritardo del linguaggio. In circa un terzo dei casi può manifestarsi un’epilessia, più spesso di tipo parziale o con generalizzazione secondaria, ben controllabile con la terapia farmacologica. Nel corso del tempo gli arti colpiti possono divenire ipoplasici (più piccoli): è frequente, in particolare, una riduzione della lunghezza della gamba colpita. Il cammino è sempre raggiunto spontaneamente (cioè anche senza alcuna fisioterapia).
  • Nelle forme diplegiche e nelle doppie emiplegie è frequente un disturbo delle funzioni visive (strabismo, vizi di refrazione, deficit di campo visivo, deficit centrali). In un terzo dei casi è presente un ritardo mentale di grado lieve-medio, mentre in circa la metà dei casi è possibile la comparsa di epilessia, di norma controllata dal trattamento farmacologico. La grande maggioranza di questi soggetti acquisisce il cammino, sebbene più spesso tramite l’utilizzo di deambulatori e di tutori gamba-piede, ma una parte perderà tale funzione in età adulta. Poiché, infatti, si verificano nel tempo deformità delle articolazioni del piede (a causa del toe walking), dell’anca e talvolta della colonna vertebrale, la sollecitazione eccessiva del sistema muscoloscheletrico rende il cammino sempre più faticoso e sempre meno funzionale.
  • Le forme tetraplegiche sono le più gravi. Sono quasi invariabilmente associate a disturbi della masticazione, della deglutizione, della fonazione. Risulta elevata l’incidenza di ritardo mentale sia medio che grave e sono frequenti i disturbi sensoriali (ipovisione e sordità). Il rischio di epilessia con crisi polimorfe parziali e generalizzate, spesso resistenti al trattamento farmacologico, è elevato. Non è quasi mai possibile il cammino in senso funzionale e in diversi casi non viene acquisita neanche la capacità di restare seduti autonomamente. Gli arti superiori sono scarsamente o per nulla utilizzabili per le funzioni tipiche. A causa degli squilibri muscolari nel corso del tempo si verificano pesanti deformità delle articolazioni dei piedi, delle anche e della colonna vertebrale, con quadri di grave scoliosi.

Secondo gran parte degli autori, non esiste un trattamento specifico e univoco per tutte le forme di paralisi cerebrale infantile, sebbene esista attualmente un gran numero di metodiche riabilitative.
Il progetto riabilitativo deve quindi necessariamente essere individualizzato. È infatti opportuno evitare la rincorsa affannosa di una mera "normalità" estetica del movimento, concentrando piuttosto l'intervento sull'interpretazione delle strategie di adattamento funzionale messe in atto dall'individuo.

Molto schematicamente, sul piano funzionale l'intervento è rivolto: nelle tetraplegie, al ristabilimento di una parziale organizzazione antigravitaria del sistema posturale; nelle diplegie, all'acquisizione della deambulazione autonoma o assistita; nelle emiplegie, al miglioramento delle capacità di manipolazione.
Occorre ricordare che il soggetto con paralisi cerebrale infantile ha subìto un danno più o meno esteso dei propri sistemi di elaborazione degli input percettivi e degli output motori. Egli è pertanto in grado di apprendere come sfruttare le proprie capacità residue, ma non è in grado di apprendere la "normalità", cioè di utilizzare spontaneamente e automaticamente gli schemi motori fluidi e complessi tipici di un sistema nervoso centrale intatto.

Questo orientamento appare corretto soprattutto in relazione al ruolo oggi attribuito ai cosiddetti disturbi percettivi (o propriocettivi) nel determinare le principali caratteristiche cliniche della paralisi cerebrale infantile. Il riconoscimento dell'importanza dello studio dei disturbi percettivi ha gettato una nuova luce sul significato di fenomeni che in passato venivano interpretati come semplice paralisi motoria (Ferrari, 1997).
Un progetto riabilitativo globale deve anche prevedere il coinvolgimento attivo della famiglia del soggetto con paralisi cerebrale infantile, predisponendo periodici colloqui di sostegno psicologico, e favorendo la partecipazione dell'intero nucleo familiare alle scelte terapeutiche.

l progetto riabilitativo deve essere altamente individualizzato ed è necessario che venga elaborato e monitorato da professionisti esperti. La paralisi cerebrale infantile comprende, infatti, un ampio ventaglio di situazioni, alcune molto lievi, altre di gravità intermedia, altre ancora gravissime: l'applicazione rigida e ripetitiva di qualunque 'metodo' o programma riabilitativo è destinata, pertanto, all'insuccesso.




tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Paralisi_cerebrale_infantile

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